"Ognuno ha diritto di formarsi le proprie opinioni, ma non di fabbricarsi i propri fatti"
Daniel Patrick Moynihan (Senatore dello stato di New York) 1927 – 2003
"Il caso Mattei": Come si fabbrica un attentato inesistente.
“La verità non va confusa con l’opinione della
maggioranza” Jean Cocteau
“ Le leggi fisiche del volo non cambiano se il passeggero é una persona importante” Todd Curtis,
Investigatore americano di Incidenti Aerei,esperto di Sicurezza del Volo ed ex Ingegnere della Boeing.
La premessa necessaria di questo articolo è che il riconoscimento dei meriti, del ruolo e delle capacità di Enrico Mattei non dovrebbe in nessun modo essere legato alla narrativa della sua morte come frutto di un attentato. Affermo ciò perché, a seguito di quanto scoperto e diffuso con le indagini da me condotte, sono stato accusato di volerne sminuire la figura.
Questo quindi è il racconto di come, tramite la mia conoscenza del mondo aeronautico e la mia esperienza pluridecennale nello stesso, ho scoperto una delle più grosse bugie diffuse nel nostro paese: la tesi secondo cui Enrico Mattei morì vittima di un attentato e non di un incidente aereo.
L’autore di questa alterazione della verità è un magistrato di Pavia, il dr. Vincenzo Calia.
LUPO RATTAZZI – L’INCIDENTE AEREO DI ENRICO MATTEI
La Verità Storica Restaurata: Presentazione del Morane-Saulnier MS.760 al Museo Volandia
Un documento aeronautico unico per ristabilire i fatti sull’incidente del 27 ottobre 1962 – La donazione di Lupo Rattazzi e l’analisi scientifica che smaschera 30 anni di mistificazioni.
La Cerimonia di Donazione
Autorità, esperti e appassionati di aviazione si riuniscono per la presentazione ufficiale del Morane-Saulnier MS.760 Paris al Museo Volandia
La cerimonia di presentazione del Morane-Saulnier MS.760 Paris al Museo Volandia. Presenti autorità regionali, rappresentanti delle forze armate, esperti aeronautici e il donatore Lupo Rattazzi insieme ai responsabili del museo per la donazione dell’aereo gemello di quello utilizzato da Enrico Mattei.
Dettaglio della livrea originale del Morane-Saulnier MS.760 con il logo storico dell’ENI – il cane a sei zampe – sulla fusoliera bianca con bande blu e gialle. L’aeromobile è stato restaurato dai volontari di Volandia riportandolo ai colori originali dell’epoca.
Il momento dello svelamento dell’aeromobile durante la cerimonia ufficiale. L’evento ha rappresentato un momento storico per il museo e per il ristabilimento della verità sui fatti del 27 ottobre 1962, grazie alla documentazione completa che accompagna questo esemplare unico.
Il falso attentato a Enrico Mattei: radici e storia di una menzogna
“Il dovere degli intellettuali sarebbe quello di rintuzzare tutte le menzogne che attraverso la stampa e soprattutto la televisione inondano e soffocano quel corpo del resto inerte che è l’Italia”
Pier Paolo Pasolini
Se si fosse prestato maggiore ascolto a Pier Paolo Pasolini, al pubblico italiano sarebbero stati risparmiati decenni di menzogne sulla morte di Mattei. Invece la saldatura tra un magistrato in cerca di visibilità e i media pronti a sfruttare versioni sensazionalistiche di certi eventi, hanno prodotto il mito di “Mattei martire, vittima di un attentato”.
I fatti
Enrico Mattei precipita il 27 Ottobre 1962 con l’aereo Morane Saulnier 760 Paris II,matricola I-SNAP, a Bescapé, vale a dire a poche miglia da Linate mentre il pilota Irnerio Bertuzzi iniziava l’avvicinamento strumentale per detto aeroporto. A bordo anche il giornalista americano William Mc Hale.
Erano partiti circa 2 ore prima da Catania.
L’aereo sale inizialmente a 20.000 piedi ( 6.600 metri) su una rotta che vediamo qui descritta dalla cartina nella foto no.1. A quel tempo non esistevano le cosiddette scatole nere su questi tipi di aerei ( cioè il registratore dei dati di volo e dei dialoghi in cabina) e quindi l’unica testimonianza di qualche utilità,oltre ovviamente al relitto e le autopsie, ce la forniscono i dialoghi del pilota con i Centri di Controllo di Roma e Milano e le torri di controllo di Catania e di Linate,che erano registrati.
Si nota subito una certa confusione da parte del Bertuzzi nel fornire al Centro di Controllo del Traffico Aereo di Roma le informazioni sul progresso del suo volo ( a quel tempo la copertura radar del paese era molto limitata e quindi occorreva che il pilota informasse continuamente il Controllo della propria posizione attuale e futura). Si nota anche che egli ritarda di parecchio nel salire alla quota ottimale di 24.000 piedi (8.000 metri) cosa che sarebbe stata decisamente utile dato che la tratta era molto lunga in rapporto all’autonomia di quell’aeromobile e quindi finisce per consumare più carburante del dovuto, fatto decisamente negativo in condizioni meteo previste avverse. E le condizioni, avverse lo erano davvero: quando il Comandante Bertuzzi prima di partire si era recato all’Ufficio Meteo di Catania per ritirare il “folder meteo” più di uno dei previsori dell’Aeronautica Militare in servizio avevano sentito il bisogno di avvertirlo delle condizioni pessime nell’area di destinazione, Milano, invitandolo ad esaminarle a fondo. Bertuzzi gli aveva risposto che lui ne era consapevole ma che aveva fretta di tornare a bordo e che comunque l’aereo era idoneo per affrontare quelle condizioni meteo.
Non era vero: Il Morane Saulnier I-SNAP era un aereo rudimentale,un ex addestratore militare convertito in improbabile aereo executive, privo di protezione antighiaccio, privo di radar meteorologico e privo di pilota automatico,cosa che incrementava la fatica operazionale in maniera enorme. Vale la pena citare l’opinione in proposito di una leggenda dell’aviazione italiana, Ermanno Bazzocchi ,nientemeno che il progettista del Macchi 326 e 339, quest’ultimo l’aereo delle Frecce Tricolori e il primo un addestratore italiano venduto in tutto il mondo, entrambi aerei fiori all’occhiello dell’aviazione italiana:
“ Purtroppo ancora oggi certi VIP, trascinati da un aeroporto all’altro dalla frenetica attività, trascurano le norme di sicurezza. E pensare che Mattei aveva già ordinato un quadrigetto Lockeed, ben più equipaggiato…. Subito dopo la tragedia -racconta Bazzocchi- ne ho parlato con l’Ing Giorgio Aldinio, Direttore del Registro Aeronautico e come tale primo nominato nella commissione d’inchiesta. Giungemmo alle stesse conclusioni. Ho volato anch’io su quel tipo di aeroplanetto: poco più di un aereo da turismo (Vds Foto no.2). Un minimo errore nel leggere le tre lancette dell’altimetro…. con la scarsa visibilità per il maltempo e magari addosso lo stress di ore e ore di volo, ed è stata la fine. Di più, se non fosse stato di un uomo potente come Mattei il bireattore non sarebbe stato mai autorizzato al volo strumentale. Il Morane Saulnier 760 nasce nel 1952 come aereo da addestramento per partecipare al concorso del Ministero dell’Aeronautica Francese vinto poi da un concorrente. In condizioni normali, nessun problema. Ma con la poca visibilità e senza l’assistenza radar di oggi era indispensabile un copilota per controllare strumentazione, quota, collegamenti. Al momento della disgrazia il Morane era a circa un minuto e mezzo dall’atterraggio. Senza la pioggia la pista sarebbe stata in vista e invece era tutto buio….. NO: sapendo del maltempo il bireattore non doveva partire”
Ripeto, Ermanno Bazzocchi leggenda dell’aviazione italiana. Peraltro un aereo con un tasso di incidenti non trascurabile: 1/5 della flotta perso in incidenti varii e addirittura 1/3 di quelli costruiti su licenza in Argentina per la Fuerza Aerea.
Tornando alla meteo, lo stesso Mattei aveva detto al Presidente della Regione Sicilia D’Angelo a cui inizialmente aveva promesso un passaggio a Milano, che non poteva più portarlo perchè gli avevano riferito che le condizioni meteo a Milano erano “incredibilmente pessime”, testuali parole, e rischiava poi di non poter ripartire.
E infatti, tornando al volo, subito dopo l’ELBA egli inizia a deviare verso Ovest per evitare formazioni cumuliformi e poi quando il Comandante Bertuzzi effettua il suo contatto iniziale con il Centro di Controllo di Milano, gli comunicano condizioni meteo su LINATE davvero pessime, quelle che noi modesti piloti dell’aviazione generale che operano nell’area di Milano da decenni abbiamo imparato a temere: copertura totale del cielo a 150 metri, visibilità orizzontale di 600 metri, pioggia e nebbia. Condizioni che per quanto riguarda le “minime” necessarie per poter legalmente effettuare l’ avvicinamento erano al di sotto delle stesse per quanto riguardava il criterio della “visibilità generale” ( 600 metri invece che 800) ma soddisfatte per quanto riguardava il criterio della “RVR” ( Runway Visual Range, la visibilità in pista misurata da speciali trasmissometri) che era di 1.300 metri contro un minimo requisito di 1.000 metri e la RVR era dirimente per stabilire la legalità o meno dell’avvicinamento.
Bertuzzi in ogni caso prosegue il volo: nemmeno a pensare di prospettare a Mattei un dirottamento su Genova o altro aeroporto. Mattei DOVEVA arrivare a Linate.
E quindi continua e dal radiofaro di Voghera si porta sul radiofaro di Linate (“LY”) dove arriva troppo alto, 6000 FT ( invece di 2.000), per potere imboccare il sentiero di discesa diretto e quindi è costretto a smaltire la quota in eccesso entrando nel cosiddetto “biscotto” attestato su questo radiofaro e a descrivere un circuito che lo porta in direzione opposta per scendere fino a 2.000 FT e poi riimboccare la direzione della pista di Linate.
È proprio durante questa virata finale ,circa in questa posizione, che l’aereo precipita da una quota di 650 metri (2.000 piedi).
Era stato un volo caratterizzato da un notevole grado di imprudenza se giudicato coi criteri di sicurezza adottati oggi: al momento dell’incidente erano rimasti solo 400 litri di kerosene nei serbatoi dell’aereo, sufficienti a volare solo un altra mezz’ora. Questo significa che in caso di dirottamento su altro aeroporto, che in questo caso sarebbe stato Malpensa, dirottamento che a Linate in Autunno e Inverno é sempre un rischio reale, l’aereo di Mattei sarebbe arrivato all’atterraggio a Malpensa con massimo soli 10 minuti di volo restanti in termini di carburante, salvo imprevisti. Un rischio inaccettabile con a bordo una personalità come Mattei.
Tornando alla fase finale del volo dell’aereo di Mattei, come bene noto a tutti i piloti e tutti gli esperti di sicurezza del volo, l’avvicinamento (assieme al decollo) é la fase più critica di ogni volo.
Infatti l’aereo è costretto a rallentare e quindi ad avvicinarsi alla velocità di stallo e si trova stretto tra due fuochi: vai troppo veloce e rischi di mancare l’atterraggio. Vai troppo piano e rischi lo stallo e notoriamente sui jet dell’epoca se lasciavi scadere troppo la velocità e cercavi di riprenderla dando motore, i tempi di risposta dei reattori a quel tempo erano biblici, 8 secondi……
Senza autopilota, al buio e in condizioni meteo pessime, le cose si complicano in maniera enorme. A 650 metri di quota poi,ogni errore diventa difficile da rimediare. Non c’è spazio per recuperare l’aereo in caso di errore.
Più del 60% degli incidenti aerei accadono nella fase cosiddetta “terminale” ( decollo e atterraggio) e negli ultimi 60 anni se ne contano centinaia e centinaia di casi, con purtroppo un notevole numero di vittime. Tanto è comune questo tipo di incidente che l’ICAO, Organizzazione dell’Aviazione Civile Internazionale ha coniato un acronimo per definirlo che è “LOC I”, Loss of Control in Flight. Io seguo giornalmente tutti i siti e i canali che trattano il tema degli incidenti aerei. In America ne succede uno alla settimana di questo tipo di incidenti….
Immediatamente a valle dell’incidente si formano,come è usuale nel nostro paese,due commissioni d’inchiesta: una, quella cosidetta TECNICA, nominata dal Ministro della Difesa e costituita da 11 tecnici del settore aeronautico, militari e civili, il cui scopo era l’accertamento delle cause dell’incidente nonchè l’individuazione di rimedi affinchè non avessero in futuro a ripetersi casi analoghi. L’altra, PENALE, da parte della Procura della Repubblica competente, Pavia, volta all’accertamento di eventuali responsabilità penali nell’accadimento e con a capo il Procuratore Gerardo Santachiara.
Le conclusioni della inchiesta tecnica e di quella penale degli anni ’60.
Cito in primiis quelle della inchiesta tecnica per la parte che più interessa ai nostri fini, quella che affronta i sospetti di complotto:
“Circa l’esistenza o meno di altri elementi intrinseci ai cadaveri, tali da far ritenere che vi sia stato il concorso di altre lesività nel determinismo della morte, si fa notare (che): dall’esame di ogni singolo frammento dei resti cadaverici non è emerso alcun reperto che documenti lesioni attribuibili a focolai di esplosione che possano aver leso gli occupanti il velivolo prima che si fosse abbattuto sul suolo; infatti gli ampi lembi cutanei hanno rivelato soltanto soluzioni ab intrinseco ( interne) e non sono state trovate scheggie metalliche o di altra natura conficcate nei resti cadaverici e interpretabili come proiettili primari o secondarii” (Pag 30)
“Dall’esame dello svolgimento del volo sino all’incidente e dei resti del velivolo e delle vittime, non è emersa alcuna causa precisa che possa essre considerata determinante ai fini dell’incidente stesso.La Commissione, considerata la natura dell’incidente e la personalità coinvolta ha, nelle sue investigazioni,tenuto presente sin dal primo momento anche la possibilità di azione delittuosa.
E’ da escludersi che possa essersi verificato uno scoppio in volo.Diversi elementi positivi contrastano questa ipotesi, primo fra tutti il fatto accertato che il velivolo è giunto a terra integro nel suo complesso (Cap 15 A6) e tutti i rottami sono stati proiettati sul terreno in un solo senso.Inoltre (v. Cap 15, A12) non sono emerse dalla indagine necroscopica lesioni attribuibili a focolai di esplosione.
Anche in riferimento ad ipotesi di azioni delittuose di altra natura, l’indagine estesa a tutte le parti recuperate, (motori,tutte le strutture principali comprese le superfici di governo tranne alcune parti fuse nell’incendio al suolo), come riferito al Cap 11, non ha messo in evidenza segni di danni che non potessero spiegarsi con l’urto e con l’incendio al suolo, nè sono stati rinvenuti sul posto oggetti la cui presenza non fosse giustificata come dotazione di bordo o bagaglio.
E’ da considerare pure che l’aeromobile aveva nella stessa giornata, in mattinata, eseguito due voli (Catania-Gela e ritorno) e successivamente aveva stazionato sull’aeroporto di Catania Fontanarossa in piena vista del personale di servizio oltre che del pilota (Appendice 2,Allegato 13/VIII)
In sostanza dalle indagini non sono risultati elementi obbiettivi che possano fare avanzare su base concreta ipotesi di azione delittuosa”.
Anche se la inchiesta tecnica è poi un pò vaga sulle precise cause della caduta che non sa se attribuire a un malore o ad un errore del pilota, nella parte finale fa una raccomandazione che in realtà svela da che parte propenda la Commissione: essa raccomanda che i piloti privati vengano sottoposti agli stessi controlli dei piloti di linea per quanto riguarda la padronanza del volo strumentale. C’era quindi il forte sospetto che il pilota fosse rimasto affetto da quello che in gergo tecnico si chiama “disorientamento spaziale” ovvero “illusione somatogravica”, la causa di centinaia di incidenti aerei, vale a dire il disorientamento che avviene in nube e quando mancano i riferimenti esterni e non si é sufficientemente allenati al volo strumentale per mantenere l’aereo in assetto.
E queste erano le conclusioni dell’Inchiesta Tecnica.
Veniamo ora alle conclusioni salienti della inchiesta della Magistratura penale:
“Nessuna traccia di scheggie metalliche o di altro materiale era conficcata nei resti cadaverici… e pertanto si dichiarava… il non doversi procedere in ordine ai reati rubricati ad opera di ignoti perchè i fatti relativi non sussistono, giacchè esperiti tutti gli accertamenti necessari ed utili ai fini della verità appare subito chiaro che non solo non è emerso alcun elemento atto a suffragare ipotesi delittuose ma addirittura per alcuni fatti e circostanze di sapore indiziante si è raggiunta la prova certa ed assoluta della loro insussistenza.
L’intero volo fu effettuato ad evitare le avverse condizioni atmosferiche, ad una quota di cabina di 3.500 metri, cioè al limite massimo di pressurizzazione consentita dal velivolo e in condizioni in cui è buona norma l’uso dell’ossigeno a evitare i gravi disturbi dell’anossìa sulle facoltà percettive e reattive.
Questi elementi, collegati all’inspiegabile circostanza che il pilota giunse sul radiofaro di Linate a una quota di ben 4.000 piedi superiore a quella che avrebbe consentito l’imbocco diretto del sentiero di discesa, inducono fondatamente a supporre che il Bertuzzi versasse in stato di notevole stanchezza all’atto della manovra di atterraggio ,manovra che i periti (dato il buio, il cattivo tempo, l’avvicinamento strumentale) hanno dichiarato di un impegno che non è esagerato definire eccezionale. Che in simili condizioni di affaticamento e di tensione l’elemento umano sia venuto meno, appare tutt’altro che impossibile”
Ricapitolando: due inchieste da parte di due organismi completamente indipendenti, uno tecnico, inchiesta condotta secondo tutti i crismi dell’annesso 13 dell’ICAO, e uno giudiziario,giungono esattamente alla stessa conclusione, cosa peraltro rara in un paese in cui spesso in caso di incidenti aerei vi sono stati conflitti tra magistratura ed enti tecnici e la conclusione da parte di entrambi fu: ERRORE UMANO O PROBLEMA TECNICO (IN SUBORDINE)
Ma puntualmente, come in occasione di ogni incidente aereo che abbia coinvolto una persona importante, iniziano subito a scatenarsi le voci di un presunto complotto.Successe nel caso di Dag Hammarskjold, segretario generale dell’ONU, deceduto agli inizi degli anni 60 in un incidente aereo in Congo. È successo nel caso di John F. Kennedy Jr (addirittura questo incidente ha dato origine al culto della setta Q’ANON) è successo nel caso di Kobe Bryant, del Presidente della Polonia Kaczynski, di Omar Torrijos, Presidente del Panama ed e’ successo in tanti altri casi. Quasi tutti incidenti riconducibili alle 2 grandi categorie definite da questi 2 acrónimi: LOC-I ( perdita di controllo in volo) e CFIT ( impatto col suolo in volo controllato)
Il complottismo parte sempre da questo erratissimo presupposto: “Come può un pilota esperto,con migliaia di ore di volo al suo attivo, avere commesso un errore fatale?”. Solo in non addetti ai lavori fanno questi tipi di ragionamenti perchè é ben noto che purtroppo i cimiteri del mondo intero sono pieni di tombe di piloti che avevano migliaia di ore di volo al loro attivo ma che hanno avuto una defaillance fatale in un momento critico del volo. Lo sappiamo proprio da quando si è resa disponibile quella componente delle scatole nere che si chiama Cockpit Voice Recorder, ovvero Registratore delle Voci della Cabina di Pilotaggio. E una delle cause più frequenti di questi incidenti è proprio il “disorientamento spaziale “ o illusione somatogravica” che colpisce i piloti non perfettamente allenati al volo strumentale. Ce ne sono di casi anche molto recenti e con equipaggio multiplo.
Nel caso di Mattei il complottismo si scatena ad opera di tutta una serie di personaggi accomunati dalla totale mancanza di indizi concreti per supportare i propri sospetti: pentiti di mafia, giornalisti in cerca di scoop, politici interessati a mettere in croce lo Stato o comunque il “sistema” (non meglio definito) colpevole secondo loro di avere “assassinato” o comunque non protetto Mattei.
Gli addetti ai lavori tacevano invece, perchè immaginavano perfettamente come erano andate veramente le cose….
Vincenzo Calia riapre l'inchiesta sulla morte di Mattei
Su questo, ben 33 anni dopo l’incidente, nel 1995, fa irruzione in questa vicenda un magistrato della Procura di Pavia,Vincenzo Calia,collega del magistrato Gerardo Santachiara, quello che, come abbiamo visto in precedenza, aveva chiuso l’inchiesta negli anni ‘60 con un “non luogo a procedere” in quanto ritenne l’incidente ascrivibile ad errore del pilota.
Questo magistrato decide che il suo compito non è quello di reindagare in modo serio sull’evento ma è letteralmente quello di dare corpo alle voci relative al “complotto per uccidere Mattei” e quindi di dimostrare a tutti i costi che esse hanno fondamento. Lui vuole costruire il “giallo”. Peccato che per fare ciò innanzitutto fa di tutto per cercare goffamente di screditare le precedenti inchieste, ma soprattutto stravolge la verità, fabbrica prove inesistenti e dice un sacco di assurdità, tutte contenute nella sua relazione di inchiesta di 428 pagine che pochissimi in Italia si sono letti. (E per inciso questo é emblematico : tutti quelli che in questi anni hanno parlato di questa vicenda non si sono mai minimamente documentati. Hanno subito comodamente preso per buone le affermazioni di Calia. E questo la dice lunga su come si formano le opinioni nella nostra società su certi eventi…)
Cosa dice il Calia? Che l’aereo non é precipitato per errore del pilota ma perchè a Catania era stata collocata sull’aereo una piccolissima carica esplosiva,”non distruttiva”, azionata dal meccanismo di apertura del carrello e atta solo a disabilitare il pilota e così congegnata in modo da occultare l’attentato e simulare un incidente.
Inventa questa ipotesi perchè sa benissimo che l’aereo assolutamente non era esploso in volo bensí era arrivato a terra totalmente integro, cosa che nemmeno il magistrato poteva contestare.
Tra gli esperti che il magistrato nomina, vi è il Prof Casarosa, il quale produce una perizia assieme all’Ing Scolaris, perizia che è l’unica cosa seria di tutta la inchiesta di Calia, e che con grande disappunto del Calia stesso non fece che confermare le tesi delle inchieste degli anni ‘60: probabile errore umano o eventualmente avaria ai comandi.
L’Ing Casarosa si rifiuta di avvallare le tesi del magistrato che lo ha nominato e allora viene messo da parte ma col tempo apprende sia dal libro Calia-Pisu che dalle varie trasmissioni TV delle conclusioni della cosiddetta inchiesta di Calia.
E allora scrive un appunto che io citerò a più riprese e che tra l’altro lui trasmette ad Andrea Purgatori, lo specialista nelle teorie dei complotti.
Ebbene una delle prime assurdità che lui rileva e che non poteva non trovarmi perfettamente concorde è questa: questo era un volo che si svolgeva al 90% sul mare (Vdr. Foto no.3) e se come asseriva il Calia, gli attentatori volevano a tutti i costi fare perdere le loro tracce,cosa ci sarebbe stato di più semplice che installare una semplice bomba altimetrica o barometrica ovvero con un timer a tempo,molto molto più facile da installare in quanto non si doveva intervenire sui circuiti elettrici, atta ad esplodere quando l’aereo era sul mare,cosa che ne avrebbe fatto completamente perdere le tracce (non esistevano nel 1962 di certo i mezzi per recuperare un relitto in profondità come si fece col DC-9 di Ustica) invece che un meccanismo destinato ad esplodere a poche miglia dal centro di Milano, quello legato all’apertura del carrello, incredibilmente complesso da montare? (per inciso, avrebbe richiesto ore e ore di lavoro a detta dei tecnici interpellati anche dalla Procura di Pavia negli anni 60)
L’inchiesta é piena di affermazioni assurde e ne voglio citare un paio, giusto per suscitare l’ilarità dei lettori che fossero anche piloti: una di queste affermazioni del magistrato (a pag 129 della Inchiesta) è la seguente“ Non è possibile che l’aereo sia andato accidentalmente in stallo poichè l’aereo era dotato di avvisatore di stallo”…..
(Per i non addetti ai lavori occorre sapere che da quando sono disponibili i registratori delle voci in cabina di pilotaggio noi abbiamo sentito centinaia di aerei precipitare con l’avvisatore di stallo che crepitava a piú non posso. Addirittura nel 2009 un Airbus dell’ Air France andó in stallo a 36.000 piedi (12.000 metri) di quota con l’avvisatore di stallo che si attivó per ben 58 volte senza che i 3 piloti in cabina si capacitassero di quello che stava succedendo e senza riuscire a rimettere l’aereo in linea fino a che l’aereo non precipitó in mare, dopo 3 minuti, da 36.000 piedi di quota,non dai 2.000 dell’aereo di Mattei! Lo stesso è successo con un 767 della Atlas Air a Houston nel 2019, solo per citare alcuni casi)
L’avvisatore di stallo, lo dice la parola stessa, avvisa dello stallo, non lo previene…..
Un altra incredibile affermazione che fa il magistrato ( pag.229) è che le condizioni meteorologiche su Linate quella sera erano “discrete”. Ricordo le espressioni di incredulità dei piloti presenti al Museo di “Volandia” nel Dicembre del 2022 quando il magistrato ripetè in una sua conferenza questa affermazione che si commenta da sola visto che quelle condizioni erano :pioggia, nebbia, visibilitá orizzontale variabile tra 400 e 1000 metri e copertura totale del cielo a 150 metri di altezza. La meteorologia è una scienza parecchio esatta: tra la opinione di un magistrato digiuno di aviazione e un bollettino emesso dal Servizio Meteorologico dell’Aeronautica Militare Italiana, indovinate qual’è più attendibile come fonte?
Peraltro un documento, tra gli altri, recuperato in Procura a Pavia da Nicola Mariani, studioso laureato in Lettere e Filologia Moderna dell’Università degli studi “G.D’Annunzio” di Chieti e autore di varii scritti sul Caso Mattei con cui mi appresto a scrivere un libro su questa vicenda, smentisce ulteriormente il Calia ed altri sulle condizioni meteo di quella sera poichè affiorano le comunicazioni della Torre di Linate con gli altri aerei in attesa di atterrare dopo che l’aereo di Mattei inizia a risultare disperso e non risponde alle chiamate del controllore. Questi aerei vengono bloccati in volo e messi a circuitare in attesa perché bisogna capire dov’è l’aereo di Mattei prima di poterli autorizzare a continuare l’avvicinamento e a ben tre di questi viene chiesto dalla Torre quali siano le loro condizioni di volo e tutti e tre rispondono o “siamo dentro” oppure “India Mike” che sta a significare “Siamo nelle nubi,visibilità ZERO”. ( Per inciso, su questo tema se vi volete andare a vedere un altro esempio di mistificazione mediatica, guardatevi l’ultimo documentario di Andrea Purgatori sul Caso Mattei, in Atlantide, in cui arrivò a dire che quella sera il tempo era “buono e c’erano 9 km di visibilità…)
E a proposito di queste condizioni meteo, una delle cose più assurde e deplorevoli (una cosa brutta,anzi direi orribile), che fa questo magistrato è di perseguitare e mandare a processo un povero contadino, Mario Ronchi, colpevole di non aver voluto volere confermare una sua prima dichiarazione fatta a caldo subito dopo l’incidente, vale a dire di aver visto una esplosione in cielo, peraltro attribuitagli da un giornalista.
Egli in realtá viveva molto vicino al luogo dell’impatto e successivamente precisa dicendo che in realtà aveva visto l’aereo impattare ed incendiarsi.
Premesso che agli investigatori di incidenti aerei é ben noto il fenomeno della inattendibilitá dei testimoni oculari, come faceva in ogni caso chicchessia ad aver visto una esplosione “limitata,non distruttiva, avvenuta solo nella cabina di pilotaggio a 700 metri di quota” quando vi era copertura totale del cielo già a partire da 150 metri con pioggia e nebbia?! Il massimo che qualcuno poteva aver visto, ma solo da molto vicino, era l’aereo che precipitando emergeva dalle nubi appunto a 150 metri di altezza e in quel caso l’improvviso apparire dalle nubi delle luci di posizione e del faro di atterraggio poteva provocare di sicuro un effetto “flash”, ma doveva essere molto ma molto vicino al luogo dell’impatto.
E infatti anni dopo molti anni, il povero Mario Ronchi che durante le udienze del suo assurdo processo continuava a scuotere la testa e a ripetere in dialetto milanese “sono tutte stupidaggini“ riferito alle accuse di Calia ma a cui comunque il Calia era riuscito a rovinare la vita, viene assolto.
Ma insomma: non ci sono tracce di esplosivo e il relitto è arrivato a terra integro. E allora di cosa stiamo parlando? Per dare sostanza al suo “giallo” il Calia commissiona una perizia esplosivistica ad un esperto di Torino, l’Ing Firrao, il quale recupera l’orologio e l’anello di Mattei nonchè uno degli strumenti dell’aeromobile ancora disponibili, l'”Indicateur Triple”, quest’ultimo trafugato da un impiegato dell’ENI sul luogo del dell’incidente (reato gravissimo, punibile con fino a 6 anni di reclusione) e restituito 34 anni dopo al magistrato, fatto increscioso che, già di per se stesso invaliderebbe qualsiasi conclusione, dato che si era interrotta quella che nel linguaggio forense si chiama “la catena di custodia”. Ebbene con una perizia dal linguaggio a dir poco ambiguo e dopo forte insistenza da parte del Calia, il Firrao afferma che sui metalli di questi tre oggetti sono presenti deformazioni (“geminati” e “slittamenti multipli”) compatibili la esposizione ad “onda esplosiva”.
Un esempio della mistificazione che su questo tema si è diffusa nel paese la si trova nella parte finale di una miniserie TV apparsa nel 2009 “Mattei l’uomo che guardava al futuro”. Qui si vede Massimo Ghini nella parte di Mattei e si vede l’aereo che si disintegra in volo e nei titoli di coda si dice che nel ‘95, grazie a Calia, furono trovate “tracce di esplosivo”. Tutto falso: tutte le perizie commissionate dal Calia escludono invece esplicitamente la presenza di “tracce di esplosivo”
E a proposito della ipotesi relativa alla “esposizione ad onda esplosiva” di questi 3 reperti, il Prof Casarosa,il perito in dissenso con Calia ma da lui nominato, aveva da dire quanto segue:
“attribuendo quanto osservato su quei 3 frammenti unicamente ad esplosione, resterebbe il fatto singolare che il fenomeno esplosivo avrebbe lasciato tracce microscopiche su pochi ed insignificanti frammenti del relitto esaminati dopo circa 35 anni dall’evento e non tracce macroscopiche sull’intero relitto esaminato nell’immediatezza del supposto evento esplosivo dove avrebbero dovuto essere eclatanti se tracce di esso si trovano tutt’ora su piccoli particolari” .
In sostanza, per tradurre in parole povere: ma perchè dovrebbero essere meno attendibili gli accertamenti fatti da due organismi indipendenti nell’immediatezza dell’incidente, a partire dall’Ottobre 1962, che degli accertamenti fatti 35 anni dopo il fatto,con una quantità insignificante di reperti a disposizione peraltro tra cui alcuni forse manomessi? Calia e Firrao cercano di farci credere che nel ‘95 vi sarebbero state nuove tecniche di analisi spettrografica e metallografica che avrebbero identificato elementi prima non identificabili ma rimane vero quanto detto dal Prof Casarosa: l’ammontare di reperti e di superfici su cui effettuare le indagini a valle dell’incidente negli anni ‘60 era troppo superiore a quelli disponibili 35 anni dopo per poter prestare piú fede a questi ultimi accertamenti.
In realtà, come tutta la letteratura scientifica su questo argomento sta ad indicare, i “geminati” e gli “slittamenti multipli” rilevati sui 3 reperti dal Prof.Firrao (in sostanza microdeformazioni dei metalli) sono assolutamente compatibili anche con un violento urto col suolo, il successivo incendio nonchè il successivo improvviso raffreddamento ad opera dei Vigili del Fuoco, eventi verificatisi proprio con la caduta dell’aereo di Mattei.
Ma adesso veniamo al punto cruciale: in realtà tutto quello che finora è stato detto sulla presunta esplosione é completamente irrilevante ed inutile. E sapete perché ?Perché su quell’aereo non c’era alcun ordigno esplosivo. Adesso spiego perché è così.
Nel suo spasmodico sforzo di fabbricare il “giallo” con la tesi del complotto/bomba, il Calia si trova subito di fronte ad un ostacolo INSORMONTABILE: l’aereo incidentato a Bascapé aveva volato per ben due volte nella mattina dell’incidente (da Catania per Gela con ritorno su Catania,quindi aveva effettuato due estrazioni di carrello ovviamente senza che l’aereo esplodesse) e una volta rientrato da Gela e prima di ripartire per il volo fatale, era rimasto per 6 ore sul piazzale dell’aeroporto di Catania, che, ricordo, era uno scalo militare, piantonato dalle forze dell’ordine presenti e in piena vista del pilota Bertuzzi, la cui vigilanza sull’aereo, riconosce lo stesso Calia, fu in quel lasso di tempo “diretta e continua”(sue parole testuali). (E tanto per capirci, sono quindi completamente false le rappresentazioni che vedete sia nel film di Rosi,”Il Caso Mattei”,che in altri docufilm sul tema, con due meccanici che accompagnati da un carabiniere vanno ad armeggiare nell’aereo sul piazzale per manometterlo. Ci sono addirittura più testimonianze secondo cui al momento del pranzo il Comandante Bertuzzi si era fatto spostare il tavolo su cui mangiare in modo da poter continuare a tenere in vista l’aeromobile)
Come fa allora a Calia a spiegare come fosse possibile che l’aereo fosse stato sabotato in quelle poche ore in cui era rimasto parcheggiato sul piazzale in piena vista del Comandante Bertuzzi?
Il Calia sapeva appunto benissimo che sarebbe stato impossibile montare il tipo di ordigno da lui ipotizzato in quel lasso di tempo e all’aperto tanto più che per farlo bisognava aprire il muso dell’aereo ,operazione complessa, cosa che di certo non si poteva fare passando inosservati ed era appurato che ci sarebbero comunque volute 24 ore di lavoro di più tecnici specializzati su quel tipo di aeromobile.
E allora, per superare l’ostacolo INSORMONTABILE per la costruzione del suo teorema, lui ricorre ad una invenzione bella e buona.
Il Morane Saulnier 760 Paris: un ex addestratore militare inadatto al volo IFR
La fotografia è fondamentale per comprendere quanto questo velivolo fosse tecnicamente inadeguato alle condizioni meteorologiche incontrate quel giorno.
Il Paris 760 era infatti:
-
un ex addestratore militare francese,
-
privo di protezione antighiaccio,
-
privo di radar meteorologico,
-
privo di pilota automatico,
-
dotato di una strumentazione minimale che aumentava enormemente la fatica del pilota in volo strumentale.
Come ricordato dall’ingegner Ermanno Bazzocchi, una delle massime autorità dell’aviazione italiana, “poco più di un aereo da turismo”.
Rotta del volo Catania–Linate ricostruita sulle radioassistenze sorvolate.
Questa immagine mostra la rotta percorsa dal Morane Saulnier 760 Paris di Enrico Mattei il 27 ottobre 1962.
Non essendoci a bordo alcuna “scatola nera”, l’unica ricostruzione possibile del volo deriva dai contatti radio registrati con i Centri di Controllo di Catania, Roma e Milano.
Il tracciato evidenzia:
- l’attraversamento quasi interamente sopra il mare,
- l’arrivo sul radiofaro di Voghera e poi su quello di Linate (LY)
Rotta del volo Catania–Linate ricostruita sulle radioassistenze sorvolate.
Questa immagine mostra la rotta percorsa dal Morane Saulnier 760 Paris di Enrico Mattei il 27 ottobre 1962.
Non essendoci a bordo alcuna “scatola nera”, l’unica ricostruzione possibile del volo deriva dai contatti radio registrati con i Centri di Controllo di Catania, Roma e Milano.
Il tracciato evidenzia:
- l’attraversamento quasi interamente sopra il mare,
- l’arrivo sul radiofaro di Voghera e poi su quello di Linate (LY)
Registro dell’Hangar ENI di Ciampino
Questa tabella è il registro ufficiale dell’hangar ENI di Ciampino, dove venivano annotati tutti i movimenti degli aeromobili.
Il documento dimostra che il jet I-SNAI, indicato da Calia come presente “in segreto” a Catania il giorno dell’incidente, in realtà non aveva effettuato alcun movimento in quei giorni.
Il registro conferma quindi che I-SNAI era fermo a Ciampino e non poteva trovarsi in Sicilia, smentendo in modo netto una delle tesi centrali del presunto complotto.
Il Libretto di Volo del comandante Bignardi
Frontespizio del Libretto di Volo del Comandante Bignardi e pagina relativa ai voli nel período dell’incidente che mostrano l’inesistenza di attività effettuata su Catania.
Annotazioni di volo autentiche e verificabili
Pagine del libretto di Bignardi, con riportate le ore di volo, le rotte e gli aeromobili utilizzati.
Il Libretto dell’aeromobile I-SNAI
Queste immagini mostrano il Libretto d’Aeromobile dell’I-SNAI, il jet che Calia sostenne essere “segretamente” presente a Catania il giorno dell’incidente.
Il documento riporta in modo ufficiale e certificato la storia tecnica dell’aeroplano, le sue caratteristiche e tutte le ispezioni obbligatorie.
Fa parte delle prove che dimostrano come l’I-SNAI fosse regolarmente basato a Ciampino e non potesse trovarsi in Sicilia, in netto contrasto con la tesi del complotto.
I movimenti reali dell’I-SNAI
La seconda immagine infatti mostra la pagina cruciale del libretto dell’I-SNAI, con evidenza dei movimenti registrati nei giorni chiave dell’ottobre 1962.
Le righe evidenziate documentano che in quelle date l’aereo non volò affatto, confermando la totale assenza di attività.
Anche questo registro ufficiale coincide perfettamente con il diario dell’hangar ENI di Ciampino e smentisce la narrazione secondo cui I-SNAI sarebbe decollato verso Catania nei giorni dell’incidente.
Il Quaderno di Stazione di Catania (Aeronautica Militare)
Documento tenuto a cura del personale addetto dell’Aeronautica Militare di stanza sull’Aeroporto di Catania Fontanarossa.
Le comunicazioni registrate il 27 ottobre 1962
Una pagina interna del Quaderno di Stazione, relativa proprio al 27 ottobre 1962, il giorno dell’incidente.
Sono evidenziati i punti chiave:
-
l’ingresso in frequenza del Morane Saulnier I-SNAP,
-
le comunicazioni annotate dagli operatori della stazione.
Si tratta di registrazioni autentiche, che documentano il normale flusso radio del volo Mattei e smentiscono ricostruzioni fantasiose o manipolate sulle ultime comunicazioni dell’equipaggio.
Afferma il Calia che a Catania il 27 Ottobre del 1962 a lui risulterebbe che in verità ci fosse anche l’aereo gemello di quello incidentato, cioé quello in forza all’ENI con matricola I-SNAI. Dice che era in realtà era esso che aveva effettuato i voli da e per Gela ed era stato portato in Sicilia “in tutta segretezza” da un altro pilota dell’ ENI, il Comandante Ferdinando Bignardi, e che quello incidentato invece era rimasto sempre in un hangar militare fin dalla sera precedente l’incidente per essere sabotato, prima di essere poi tirato fuori dall’hangar dal Cte Bertuzzi al momento della partenza per Milano con Mattei a bordo.
Lo fa sulla base di testimonianze ingarbugliate e palesemente inattendibili di gente che a distanza di 35 anni ha ricordi talmente annebbiati che confonde le matricole dei tanti aeromobili posseduti ed operati di continuo da ENI da e per la Sicilia.
E qui ha inizio il vero e proprio delirio di Calia: già l’idea che uno dei pochissimi jets executive allora esistenti in Italia si possa muovere “in tutta segretezza“ tra due aeroporti militari aperti al traffico civile come Ciampino e Catania e poi tra Catania e Gela é cosa che puó affermare solo un malato di “complottismo” che non conosce la nostra aviazione civile dove ad ogni aeroporto l’ “Ufficio Controllo Traffico” presidiati o da Civilavia o da Aeronautica Militare registravano ogni movimento, come ogni movimento veniva registrato dagli enti preposti alla Assistenza alla Navigazione, in questo caso l’ITAV ( Ispettorato Telecomunicazioni e Assistenza al Volo)
Ma quello che è decisivo è che la attività e la presenza di I-SNAI a Catania in quei giorni, é smentita, oltre che dalle 2 inchieste iniziali, da ben 4 fonti di prova, dirimenti e incontrovertibili che vi cito in ordine di rilevanza:
Iniziamo col dire che l’aereo di Mattei I-SNAP, quello incidentato, non era mai stato ricoverato in un hangar militare per essere sabotato, come asserito dal Calia,bensi era stato parcheggiato sul piazzale durante tutta la notte precedente l’incidente, come testimoniato dal personale dell’aeroporto in servizio in quei giorni.
Le 4 fonti di prova che smentiscono invece la presenza di I-SNAI a Catania in quei giorni sono:
A) Il Registro dell’Hangar dell’Aeroporto di Ciampino in cui venivano ricoverati gli aerei ENI che non riporta alcun movimento in uscita di questo aereo in quei giorni (Vdr. Foto 4)
B) Due documenti che io stesso ho acquisito all’inizio del 2023, vale a dire il “Libretto di Volo” del Comandante Ferdinando Bignardi (Vdr. Foto 5 e 6) e il “Libretto dell’Aeromobile” di questo aereo (Vdr. Foto 7 e 8)
Il “Libretto di Volo” serve a riportare obbligatoriamente tutta l’attivitá di volo di un pilota e l’omissione o l’iscrizione di false informazioni era a quel tempo reato penale mentre il “Libretto dell’Aeromobile” è quel documento che, a cura dei servizi tecnici (in questo caso dell’ENI) registra fedelmente ogni volo effettuato da un aereo, pena la perdita di valore dell’aeromobile se le ore segnate su questo documento non coincidono con quelle del contaore (o orámetro) dell’aeromobil
Il primo ci é stato restituto dalla Procura della Repubblica di Pavia su istanza del figlio del Comandante Bignardi che ne aveva diritto quale suo discendente.
Il secondo me lo sono procurato dagli allora proprietari di questo aereo che a quel tempo si trovava in Francia e che adesso io ho riportato in Italia e donato al Museo di “Volandia” (Malpensa)
E cosa dicono questi due documenti che venivano compilati ad opera di soggetti totalmente indipendenti l’uno dall’altro? Che il Comandante Bignardi non era assolutamente presente con un Morane Saulnier a Catania il giorno dell’ incidente e che in realtà l’ultima volta che aveva pilotato questo tipo di aeromobile era stato ben 8 giorni prima dell’incidente, peraltro in un volo da Linate per Rimini . E cosa dice il Libretto dell’ Aeromobile “gemello” di quello incidentato,l’I-SNAI? Che l’ultimo volo effettuato da questo aeromobile era stato ben 23 giorni prima dell’incidente,con a bordo proprio il Comandante Bignardi ( volo di cui infatti troviamo riscontro anche nel suo Libretto di Volo) e poi era rimasto fermo in hangar a Ciampino,a ulteriore riprova del fatto che oramai per gli spostamenti di Mattei gli si preferiva I-SNAP ,che aveva motori e prestazioni superiori.E queste informazioni coincidono perfettamente con quelle del “ Registro dell’ Hangar ENI di Ciampino”
Ma c’è un quarto, e decisivo documento che, per stessa ammissione del Magistrato, lo smentisce:Il “Quaderno di Stazione” dell’ Aeroporto di Catania (Vdr. Foto 9 e 10) quello tenuto a cura di Aeronautica Militare in cui venivano registrati tutti i movimenti aerei da e per l’aeroporto (di cui il Calia naturalmente mette in dubbio l’attendibilità). Nessuna traccia di I-SNAI a Catania in quei giorni. Chi conosce il nostro sistema aeronautico sa benissimo che se un movimento di un aereo privato non é stato registrato dagli enti preposti vuol dire che quel movimento non c’é stato. E siccome l’unico movimento di aeromobile Morane Saulnier Paris che risulta in quel registro é appunto quello dell’aereo incidentato, I-SNAP, il Calia non si da per vinto e addirittura commissiona una perizia calligrafica per verificare se quella “P” finale non é la “I” di questo aereo I-SNAI trasformata in “P” per nasconderne la presenza. E naturalmente la perizia calligrafica da esito negativo.
Infine per la disperazione per l’impossibilità di reperire prove per il suo assurdo teorema, arriva ad ipotizzare che I-SNAI non compaia nel Registro Movimenti in quanto probabilmente operava come “volo operativo militare”. Qui siamo proprio nella fantascienza: è vero che i voli cosiddetti “OAT”, quelli “operativi” degli aeromobili in forza alle aeronautiche militari non vengono appostati nel Registro Voli degli aeroporti civili,ma gli aerei dell’ENI erano aerei civili privati che infatti nelle strips dei piani di volo recavano sempre la dicitura “ PRIVATO”.Altro che volo “militare”….. Solo una persona che tenta disperatamente di convincerci che Aeronautica Militare si era prestata ad appoggiare un complotto ordito dall’ENI per uccidere Mattei può ipotizzare simili sciocchezze.
In sostanza Calia per fare stare in piedi il suo complotto deve inventare di sana pianta che questo aereo era a Catania in quei giorni ma ha ben 4 documenti che lo contraddicono e allora alla fine ripiega su dei testi a cui dopo ben 35 anni chiede insistentemente,sempre facendo pressioni se avessero visto l’aereo in questione a Catania. E quelli tutti confusi gli rispondono in maniera incerta e dubitativa che può darsinche lo avessero visto ma poi si scopre che si riferivano ad altro aereo o che lo confondevano con quello incidentato…..
In conclusione questo aereo non era a Catania il giorno dell’incidente, c’era solo quello che poi precipitò, il quale aveva volato la mattina stessa dell’incidente e non ci fu assolutamente la possibilità materiale e il tempo di sabotarlo prima che ripartisse per il volo fatale per Linate.
La richiesta di archiviazione
Insomma una ricostruzione totalmente inventata ed infatti la Inchiesta di Calia si conclude con un nulla di fatto e con una richiesta di archiviazione da parte dello stesso magistrato con una formula che la dice tutta sulle sue certezze, perchè egli stesso, nella parte conclusiva, si esprime sostanzialmente in questo modo “Sono convinto che le cose siano andate come dico io, ma assolutamente non ho prove sufficienti per accusare nessuno…“.
E a questo proposito, è di notevole rilievo il testo del Decreto con cui il GIP Fabio Lambertucci accoglie questa richiesta di archiviazione.
Queste poche pagine – raramente citate e volutamente ignorate dai promotori della tesi dell’attentato a Mattei – costituiscono la più netta ed autorevole sconfessione dell’impianto accusatorio di Calia .
Scrive il Lambertucci:
“ …nessun dato ulteriore sulla vicenda e sulle sue cause può dirsi incontrovertibilmente acquisito…..
I risultati tecnici infatti,non sono tali da fornire la prova che l’aereo caduto a Bascapè fu sabotato o esplose in volo per effetto di una carica esplosiva attivatasi al momento dell’apertura del carrello di atterraggio”
Il passaggio più esplicito e demolitorio però riguarda le testimonianze raccolte dal Calia:
“ Questo giudicante ritiene che, in realtà, le ipotesi appena riportate siano tutte parimenti sfornite del minimo di plausibilità che ne imponga l’approfondimento nell’ambito di un procedimento penale. Esse, partendo da una matrice comune rivelatasi del tutto labile – le dichiarazioni non riscontrabili di collaboratori di giustizia – attingono a svariate fonti accomunate dalla inidoneitá a sostenere una ipotesi accusatoria e del tutto inutilizzabili in un eventuale dibattimento: testi “de relato”, basanti la loro conoscenza su circostanze apprese da persone decedute,voci confidenziali di polizia e di intelligence, sintesi di approfondimenti giornalistici”
Poi viene un giudizio raggelante sulla inchiesta del Calia che non lascia spazio a dubbi sulla considerazione in cui essa era tenuta all’interno della Procura di Pavia:
“Occorre evidenziare …..l’inanita’ in chiave giudiziaria dello sforzo profuso”
Nel linguaggio giudiziario inanità non significa soltanto mancanza di prove, ma assenza totale di consistenza e di oggetto. Il GIP di fatto afferma che non solo il reato non è stato dimostrato, ma che non vi era alcun fatto concreto su cui valesse la pena indagare.
Conclude infatti così il GIP Lambertucci:
Tutto ció impone l’archiviazione del procedimento a carico di ignoti tenuto conto che…. manca una prova sufficiente che il fatto delittuoso sia stato commesso….”
E infine:
“Quel che è certo, oggi, è come in sede giudiziaria non sia stata raggiunta una prova sufficiente che Enrico Mattei,Irnerio Bertuzzi e William McHale furono uccisi”.
Difficile immaginare una sconfessione più recisa di tutto l’impianto accusatorio e della tesi complottistica di Calia e stiamo parlando di un suo collega della Procura della Repubblica di Pavia.Ma nonostante ciò, incredibilmente tutt’oggi il Calia ha il coraggio,come ha fatto nella trasmissione sul Canale FOCUS il 7 Novembre 2025,di affermare che “l’unica verità giudiziaria è la mia” ,cosa che rappresenta uno sproposito assoluto perché la sua inchiesta fu archiviata e non sfociò in alcuna sentenza.
Le uniche “sentenze” e quindi “verità giudiziarie” valide rimangono quella del “Non Luogo a Procedere” del 1966 e quella di archiviazione di cui si è detto sopra.
Eppure l’impatto mediatico delle dichiarazioni di Calia,del suo libro scritto assieme alla giornalista Sabrina Pisu e delle sue apparizioni in TV ,dove continua ad essere presentato come” l’uomo che ha scoperto il complotto per uccidere Mattei”, purtroppo rimane e si radica nell’opinione pubblica questa tesi.
Il risultato finale è che il Calia ma anche Sabrina Pisu si sono fatti molta pubblicità cercando di screditare e diffamare ben 2 commissioni d’inchiesta e accusare un pilota di aver fatto parte della cospirazione per uccidere Mattei. E le varie trasmissioni sensazionalistiche come quelle di Minoli e Purgatori continuano a presentare il magistrato come “l’eroe che ha scoperto il complotto che ha ucciso Mattei”…..
Conclusione: Risposta ad una legittima domanda
E’ legittimo a questo punto chiedersi come è stato possibile che in Italia nell’opinione pubblica si siano radicate in modo durevole simili falsità e la risposta é questa:
Nel 1995, 33 anni dopo l’incidente, molti protagonisti delle prime inchieste non c’erano piú o erano troppo anziani per replicare al Calia, anche se qualcuno in realtà c’era ancora ed era proprio il suo collega procuratore di Pavia Gerardo Santachiara, quello che aveva condotto e archiviato la prima inchiesta penale, il quale infatti definì sarcasticamente la inchiesta di Calia una “telenovela”.
Era soprattutto deceduto in un tragico attentato in Kenya il Comandante Bignardi, molto inelegantemente e molto a sproposito tirato appunto in ballo dal Calia con accuse gravissime: quella di aver falsificato il proprio Libretto di Volo e soprattutto quella di aver partecipato al complotto per uccidere Mattei. Ho conosciuto bene il Comte Bignardi e ho volato con lui. Fu il pilota personale dell’Avv Agnelli assieme al Colonnello Alfonso Isaia durante molti anni: sono insinuazioni che se non fossero grottesche ed infamanti sarebbero semplicemente ridicole.
Ma soprattutto questa nuova versione del complotto faceva una grandissima gola a tutto un mondo mediatico pronto a lucrare su libri, articoli di riviste e serie televisive nei quali il “giallo” ovviamente attrae molto più del semplice incidente. Tutte operazioni commercialmente profittevoli ma che con la veritá non avevano nulla a che vedere.
Recentemente ho visto una emblematica vignetta del famoso settimanale americano “NEW YORKER”.Un tizio incontra un conoscente chino sul suo computer e gli chiede a cosa stia lavorando e quello gli risponde:”Per ora solo su una teoria di un complotto ma chissà che con il giusto marketing poi non riusciamo a farla diventare opinione diffusa”. Ecco cosa é stata l’opera di Calia ed altri (ad esempio Minoli e Purgatori): una gigantesca operazione di marketing.
Oltre ai motivi commerciali, questa fake news faceva soprattutto gola a tutto un certo mondo politico che vedeva nella vicenda del presunto complotto una conferma a tutti i propri pregiudizi ideologici: lo Stato malvagio,le potenze straniere ( sempre quelle occidentali naturalmente) pronte ad affossare i “buoni” del nostro paese, poi organismi dello Stato come Carabinieri, Polizia, Forze Armate, RAI e gli onnipresenti Servizi dipinti come sempre pronti a cospirare. E da qui nasce il mito di Mattei come martire eroe della lotta al capitalismo e alla arroganza dei poteri forti. Mattei, lo voglio sottolineare con forza, non ha nessun bisogno di questa narrativa affinchè se ne riconoscano gli enormi meriti. Chi pensa il contrario, ha dei serii problemi psicologici.
E a questo proposito, nulla è più emblematico di questa distorsione mentale,della intervista rilasciata da una nipote di Mattei,Elisabetta, al “Corriere della Sera”, il 27 Ottobre del 2025. Accanto a tutta una serie di affermazioni prive di fondamento (tra cui: il richiamo alla sentenza della Corte di Assise di Palermo,che senza condurre indagini proprie si limitò a recepire le conclusioni errate della inchiesta del Calia ,come prova del sabotaggio; le solite trite e ritrite accuse a CIA e “ Sette Sorelle”; il fatto che la voce del pilota fosse “calmissima” prima dell’incidente, come se questo escludesse la possibilità di un successivo, improvviso errore; il fatto che la Commissione d’Inchiesta del 1962 fosse stata chiusa “rapidamente”, come a dire che aveva operato in modo superficiale, un falso assoluto) la Signora Elisabetta Mattei spiega l’insistenza sulla tesi della morte di Mattei in un attentato col fatto che “serve a rivalutarne la vita e le opere”.
Vale a dire, se ne dedurrebbe, che anche se quella tesi si rivelasse infondata,”servirebbe ” comunque ad esaltare la figura di Mattei. È una affermazione incredibile che spiega molto bene i motivi per cui ha attecchito la falsa tesi del complotto. Insomma per fare di Mattei un eroe,occorre assolutamente insistere nel sostenere la tesi che egli è morto per via di un complotto. Se fosse morto in un banale incidente aereo, sembrano affermare i complottisti ed Elisabetta Mattei, la sua opera in vita andrebbe vista e raccontata sotto un altra luce. Davvero singolare, per non dire stupefacente….
Mi é stato detto: adesso ribaltare la versione dei fatti inventata da Calia non sará facile. Hanno perfettamente ragione: ormai troppa gente ha investito sulla versione del complotto e non può piú tornare indietro e me ne sono personalmente accorto confrontandomi con alcuni autori di libri e docufilm su questo tema. Vi faccio il caso di Giovanni Minoli, uno dei grandi divulgatori della tesi del complotto: lo conosco da una vita e svariate volte gli ho contestato la sua versione dei fatti ottenendone risposte evasive. E sapete perchè? Perchè quel docufilm con la falsa esplosione e il riferimento a inesistenti “tracce di esplosivo” lo hanno prodotto la moglie e il cognato……..
E, per inciso, ci sono poi motivi anche più scabrosi in virtù dei quali la tesi del complotto ha continuato ad imporsi ma quelli li riserviamo al libro che mi accingo a scrivere assieme a Nicola Mariani su questa vicenda e sulla figura di Enrico Mattei.
Per concludere:anche se molti hanno considerato quasi blasfemo il mio intervento in questa vicenda (tipo “come osi demolire una leggenda nazionale,quella del Mattei martire?”) io al contrario ho considerato proprio un dovere civico smascherare un falso di questa entità,cosa che sono riuscito a fare per una serie di circostanze tutte particolari e fortuite legate ad una vita passata nel mondo dell’aviazione.
E l’ho fatto anche perchè sono convinto del fatto che complottismo e populismo siano parenti stretti e rappresentino una tara culturale del nostro paese, che ne mina lo sviluppo democratico.
Roma 15/10/2025
Ascolta l’intervista del Dott. Lupo Rattazzi e Dott. Nicola Mariani al programma CusanoTV – Misteri d’Italia: Enrico Mattei
Documentazione per il download:
Qui di seguito troverete tutta la documentazione relativa al sito, che potete scaricare per approfondire ogni dettaglio.
Ascolta l’intervista del Dott. Lupo Rattazzi e Dott. Nicola Mariani al programma CusanoTV – Misteri d’Italia: Enrico Mattei
Documentazione per il download:
Qui di seguito troverete tutta la documentazione relativa al sito, che potete scaricare per approfondire ogni dettaglio.
Dott. Lupo Rattazzi
BIO C.V.
Lupo Rattazzi, imprenditore del trasporto aereo internazionale, nato nel 1953 oggi è presidente della compagnia aerea Neos dal 2004. È stato tra i pionieri delle aerolinee private in Italia, socio fondatore e presidente di Air Europe, è stato presidente di Assaereo, l’associazione dei vettori e degli operatori del trasporto aereo Italiano. Inoltre è stato presidente di AOPA Italia ( Associazione Operatori e Piloti dell’Aviazione Generale) e membro del CDA dell’ENAV ( Ente Nazionale Assistenza al Volo). È membro dei consigli d’amministrazione di Banca Finnat Euramerica, Vianini e Fondazione Telethon, Vice Presidente SEAM SpA ( società di gestione aeroporto di Grosseto ). Laureato alla Columbia University e alla Kennedy School di Harvard, ha lavorato negli Stati Uniti per Salomon Brothers e Lehman Brothers. Possiede 3 licenze di Pilota Privato ( Italia, USA e Argentina) è abilitato al volo strumentale e plurimotori ed ha all’attivo 2500 ore di volo. Ha attraversato l’Atlantico per 3 volte su monomotori a pistoni e ora vola prevalentemente su aeromobili turboelica Socata TBM e Pilatus PC12. Da sempre appassionato e attento lettore si interessa del tema della Sicurezza del Volo e degli incidenti aerei.
“Mi sono voluto occupare di questo caso perché da sempre studio gli incidenti aerei e c’era qualcosa che non mi convinceva nella narrativa dell’attentato e più analizzavo e meno mi quadrava questo incidente. Allora ho iniziato a leggere il libro di Vincenzo Calia e Sabrina Pisu “Il Caso Mattei”, poi la Relazione d’Inchiesta della Commissione Ministeriale nominata nel 1962, poi tutta la documentazione relativa alla indagine del dr. Calia del 1995 e i miei sospetti si sono rilevati molto fondati dopo il reperimento di alcuni cruciali documenti. Questo lavoro è il risultato della mia ricerca.”
Il Dott. Lupo Rattazzi, ha di recente completato il corso per il conseguimento della abilitazione “Type Rating” proprio sull’ex aeromobile dell’ENI, ex registrazione I-SNAI ora N760X